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Channel: Nuovo Cinema Locatelli » la congiura della pietra nera
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I film migliori di stasera (lun. 21 apr. 2014) sulla tv in chiaro

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Scorsese, Woody Allen, Carax, Billy Wilder, Manetti Bros., Corbucci, Mario Soldati, David Fincher, David Cronenberg, Terry Gilliam, e altro ancora.

Hugo Cabret di Martin Scorsese, Rai 3, ore 21,08.
HCinema sul cinema, cinema nel cinema, cinema-cinema. Un giocattolo per grandi che Scorsese impagina come una favola o un racconto dickensiano. Il cinema delle meraviglie (e pure da baraccone) di Georgs Méliès citato e rifatto in un film vertiginoso per qualità di messinscena, densità di citazioni, pluralità di livelli narrativi. Undici nomination all’Oscar, cinque vinti. (Recensione completa)

Hannah e le sue sorelle di Woody Allen, la7d, ore 21,10.
Il film, anno 1986, che ci fece definitivamente capire, se mai fosse rimasto qualche dubbio, che Woody Allen covava ben altre ambizioni oltre a quella di farci ridere. Un nucleo parentale borghese di Manhattan, tre sorelle le cui vite si intersecano e si allontanano, in un reticolo di affetti e rivalità: una storia non nuova, già molte volte vista-sentita-letta, che Allen riscrive nei modi del suo cinema di conversazione prendendo un po’ di Bergman (Sinfonia d’autunno, Fanny e Alexander) e parecchio Cechov, e frullando il tutto in abbondante salsa freudiana. Visto oggi, appare tra i suoi risultati migliori, perfino a me che alleniano entusiasta non son mai stato (anche se ultimamente mi sto ammorbidendo, chissà perché). Molto somigliante a un precedente film di Allen, Interiors, che si direbbe la prova generale di questo, più risolto e maturo. Con Mia Farrow, Barbara Hershey, Michael Caine (nella parte dell’innamorato della cognata), Dianne Wiest. Attenzione, nella scena della festa compare anche la piccola Soon-Yi. Il miglior incasso di Woody Allen battuto solo di recente da Midnight in Paris, e anche uno dei suoi film più premiati. Rivisto qualche mese fa in cineteca, mi è sembrato resistere molto bene al tempo trascorso.

Holy Motors di Leos Carax, Rai 3 (Fuori Orario), ore 0,45.
Un film delirante, ultravisionario, che si rifà alla tradizione del cinema anarco-surrealistao. Immagini e sequenze legate solo dal linguaggio dell’inconscio, dei sogni, degli incubi, del desiderio. Un esile filo conduttore ci porta tra i cunicoli e i tetti di una Parigi mai vista così e mai così bella. Film da fischi o da ovazioni, che ha diviso fin da quando apparve a Cannes 2012. Film che alterna sequenze sublimi e assolute a parecchia paccottiglia, perfino spazzatura. Ma non ce n’è, prendere o lasciare. (Recensione completa)

Ashes of Time di Wong Kar-wai, Rai 4, ore 23,06.
Chi ha amato The Grandmaster, il malinconico e introverso, eppure epico, wuxiapian dell’anno scorso firmato dal maestro hongkonghese Wong Kar-wai, non si perda questo suo meno conosciuto film di acrobazie e arti marziali e cappa&spada in versione Cina del 1994: prima che diventasse il regista celebre e celebrato di In the Mood for Love. Un uomo dal cuore trafitto, disilluso da un passato ancora incombente e opprimente, si rifugia nel deserto, pur continuando a esercitare il suo mestier di sicario. Intorno a lui cavalieri erranti, abili uomini di spada, figuri assai poco trasparenti, un uomo che sta diventando cieco. Ma all’action si mescolano e sovrappongono i tormenti del protagonista, le sue delusioni e illusioni d’amore legate a una donna. Un film labirintico e ipnotico in cui Wong Kar-wai dispiega tutta la sua capacità di costruttore e manipolatore di immagini ambigue e sempre sfuggenti, mai risolte. Con Leslie Cheung, più i due attori feticcio di Wong Kar-wai che faranno grande In the Mood for Love, Tony Leung Ka Fay e Maggie Cheung. Film dalla lavorazione tormentata, distribuito poi con parecchi tagli. Questa dovrebbe essere la versione redux, restaurata secondo le scelte originarie del regista.

Manhattan di Woody Allen, la7d, ore 23,00.
Chi ogni tanto dà un’occhiata a questo blog sa che non sono un estimatore estatico e acritico di Woody Allen e del suo cinema. Resto dell’idea che il nostro sia in generale parecchio sopravvalutato e che i suoi titoli migliori restino quelli degli anni Settanta, quando ancora non si era fissato, anzi ossificato, nei suoi manierismi e nelle sue ossessioni. Il suo film che resiste meglio a mio parere è Io e Annie, però anche Manhattan è collocabile tra i classici alleniani, anzi è il classico, il suo film paradigma, quello cui inevitabilmente si torna per definire il suo cinema: la panchina con vista sul ponte di Brooklyn, lui e Diane Keaton, lui e la ninfetta (Mariel Hemingway), lui e la ex moglie pencolante verso il lesbismo (Maryl Streep). C’è già tutto il Woody Allen dei successivi trent’anni (Manhattan è del 1979). Pensare – è lui a confessarlo nel documentario Woody visto qualche mese fa – che quando vide Manhattan montato e finito non gli piacque, ebbe mille dubbi, ebbe perfino l’impulso di ritirarlo dai cinema. Invece il pubblico fece la fila.
L’età barbarica di Denys Arcand, La effe, ore 21,10.
Molti conoscono, del regista canadese-québecois Denys Arcand, Le invasioni barbariche, pochi questo suo di non molto successivo L’età barbarica. Ed è un altro Arcand sulla dissoluzione-declino di quel ceto medio-intellettuale che è l’oggetto d’analisi del suo cinema, sullo stordimento e il disgregarsi delle strutture mentali di uomini e donne che non ce la fan più a riconciliarsi con la ipermodernità e se ne sentono tagliati fuori. Un cinema-referto, anche se venato di ironie e sarcasmi, che Denys Arcand aveva già cominciato decenni fa con il meraviglioso Il declino dell’impero americano. Un uomo qualunque sposato a una signora molto in carriera e con due figlie a lui sempre più estranee, vive sul bordo tra la realtà e il sogno, la realtà come vorrebbe che fosse ma non è. Una versione patologica di certi personaggi alla Gondry. Poi incontra una donna che la sua folia, voler essere una dama dei tempi remoti non l’ha tenuta a freno, ma l’ha a modo suo realizzata, frequentando un gruppo di appassionati di vita medievale e ricostruzioni storiche in costume. Con Marc Labreche, Diane Kruger e, attenzione, il cantante e icona queer Rufus Wainwright.

La congiura della pietra nera di Su Chao-Pin, Rai 4, ore 21,12.
Bellissimo wuxiapian prodotto, supervisionato e co-diretto dal maestro John Woo (uno che ha cambiato per sempre i connotati dell’action), distribuito in poche sale la scorsa estate e subito sparito. Riemerge ora su Rai 4, canale giovanilista sempre attento ai film avventurosi e di genere venuti dal’Oriente. Questo, ovviamente made in China, si apparenta al quel sottofilone tra mitologia, fiaba e arti marziali di cui fa parte anche il notevole (e superiore a questo) Detective Dee di Tsui Hark. Stavolta siamo nell’era Ming, in una qualche parte dell’immenso paese, in una piccola città dove la setta della Pietra Nera cerca di governare e controllare con i suoi tentacoli vita pubblica e vite private. Una delle sue più abili e implacabili assassine decide di cambiare vita, scappa, si rifà con una rischiosa operazione la faccia, rinasce come tranquilla moglie di un tranquillo postino. Ma il passato busserà alla porta e la sarabanda ricomincerà. Poteri occulti e poteri manifesti allo scontro. Reliquie che conferiscono facoltà superiori. Cattivi che vorrebbero essere buoni e cattivi che non ci pensano neanche di redimersi. Soprattutto, niente e nessuno è come appare, le sorprese in questa storia e i rovesciamenti di fronte sono continui. Io, confesso, mi sono divertito parecchio a questo gran spettacolo mai dozzinale. Poi, si sa, ci sono le esibizioni di arti marziali, sempre una delizia (per chi ama il genere, se no meglio desistere). Con Michelle Yeoh, sempre all’altezza delle acrobazie richieste. Con lei Jung Woo-Sung, Wang Xueqi , Barbie Hsu, Shawn Yue, Kelly Lin. Firma la regia Su Chao-Pin, anche se la mano e l’occhio di John Woo si vedono, eccome.

Eugenia Grandet di Mario Soldati, Tv2000, ore 21,20.
Uno dei grandi film di Mario Soldati tratti da classici della letteratura. Dopo i meravigliosi Piccolo mondo antico e Malombra, il romanziere prestato al cinema mette in scena – e siamo nel 1947, a guerra appena finita e neoralismo arrembante – un Balzac dei più famosi, centrato sulla figura di Eugenia, infelice figlia di un ricco padre avarissimo che intravederà uno spiraglio e un’altra vita possibile allorché le arriverà in casa un cugino mai conosciuto. Una forma, uno stile vicini alla perrfezione. Gusto squisito, ma anche alto senso drammaturgico. Protagonista Alida Valli, la più grande attrice del nostro cinema insieme a Anna Magnani. E Giuditta Rissone, Gualtiero Tumiati, un giovanissimo Giorgio De Lullo non ancora regista di teatro. Imperdibile.

Irma la dolce di Billy Wilder, la7, ore 23,00.
Non è il mio Billy Wilder preferito (spunta ogni tanto qualche leziosità: saranno le smorfie di Shirley MacLaine?), ma è pur sempre Billy Wilder, uno dei maggiori comedy-maker della storia del cinema. In una fintissima Parigi rétro tutta donnine e apaches (e bistrot e pastis), scoppia l’amore tra la prostituta Irma (MacLaine appunto) e l’ex poliziotto Nestore (Jack Lemmon, attore wilderiano par excellence). Lei non ha però nessuna intenzione di mollare il mestiere perché vuole a tutti i costi mantenerlo – oggi un copione così verrebbe bruciato sulla pubblica piazza – sicché lui impazzisce di gelosia, proprio non ce la fa a immaginarla a letto con i clienti. Si finge un nababbo che acquista in monopolio le prestazione di Irma, preservandola così dall’infedeltà. Ma lo sdoppiamento non reggerà a lungo e darà vita a imprevedibili sviluppi giallo-rosa. Quel che conta è però, al di là del plot, la giostra ironica e beffarda che anche stavolta Wilder riesce a mettere in moto. La virtù e la morale, sembra dirci il gran viennese-berlinese, sono fragili e ambigue, e spesso si confondono con il vizio.

L’isola dei sopravvissuti di Stewart Raffill, Rai Movie, ore 22,45.
In originale questo film del 2005, firmato da Stewart Raffill, suona più convenientemente come Three, Tre. Difatti, di un triangolo lui-lei-l’altro si racconta, in un esotico-erotico assai perverso che curiosamente ricorda certi B-movies italiani anni Sessanta-Settanta, da Bora Bora a Il dio serpente. Dopo il naufragio di una barca di turisti, il marinaio Manuel salva una donna di nome Jennifer. Riescono a raggiungere un’isola dove, oltre a sopravvivere nella natura selvaggia, si innamoreranno e faranno molto l’amore. Ma, inaspettato e indesiderato, riuspunterà il marito di lei. Con Kelly Brook e Billy Zane, che alle acque e ai naufragi ci è abituato, da Ore 10 calma piatta a Titanic.

L’arrivo di Wang dei Manetti Bros., Rai 2, ore 0,50.
Un Manetti-movie assai amato dai molti fans, soprattutto made in Ropma, dei due fratelli. Che qui si inventano una strana storia tra il fanastico, il surreale e il fantascientifico, con ambizioni di apologo, con un alieno che parla cinese. Cosa mai è venuto a fare sulla terra?

L’ultima lezione di Fabio Rosi, Rai Storia, ore 21,12.
Picolo film del 2000 di cui pochi si ricordano, ma che ha avuto il merito di riproporre un mistero italiano, la scomoarsa dell’economista-docente Federico Caffé, svanito nel nulla la notte del 14 aprile 1987. Si immagina che due suoi allievi indaghino sul fatto, muovendosi su più piste. Non male, anche se con qualche complottismo di troppo. Con Roberto Herlitzka e Chiara Conti.

Alien 3 di David Fincher, Mediaset Italia 2, ore 21.10.
Non il solito sequel. Anche perché alla regia c’è il talentuoso David Fincher di Seven, Fight Club e The Social Network.

Dan il terribile di Budd Boetticher, Rai Movie, ore 21,15.
Antico western del 1952 dell’assai rispettato e molto rivalutato Budd Boetticher, autore di un cinema fatto con pochi mezzi ma altamente efficace, rude e diretto. L’opposto del cinema dei fronzoli e degli eccessi. Qui il plot ruota intorno alla rivalità di due fratelli-coltelli, che son poi Rock Hudson e Robert Ryan. Con una qualche eco di Duello al sole di King Vidor.

Che c’entriamo noi con la rivoluzione? di Sergio Corbucci, Italia 7gold, ore 23,00.
Ormai Sergio Corbucci è stato ampiamente sdoganato e riconosciuto come uno dei grandi eclettici del periodo aureo di Cinecittà, dagli anni Cinquanta ai tardi Settanta. Se a essere riveriti sono soprattutto i suoi western, Django e Il grande silenzio in primis, meritano rispetto anche le cose più eccentriche e meno classificabili, come questo Che c’entriamo noi con la rivoluzione?, qulcosa che sta tra la commedia italiana di caratteri fanfaroni e/o vigliacchetti, il western nella sua accezione revolucion messicana e il picaresco. Con la coppia Vittorio Gassman e Paolo Villaggio nella parte di due cialtroneschi attori spedito in Messico in tournée e travolti dai vari golpe, controgolpe e ribellismi locali. Visto l’anno di produzione del film, il 1972, non può non esserci una spiccata simpatia per chi nel racconto sta dalla parte della rivoluzione, causa per la quale anche i nostri due guitti finiranno con il parteggiare. Allora non funzionò così bene al botteghino, ma resta un film interessante e a modo suo coraggioso.

Videodrome di David Cronenberg, Class tv, ore 23,30.
Torna su Rai 4, e se non lo si è ancora visto meglio non lasciarselo sfuggire. Videodrome è il primo film che ho visto di David Cronenberg, e anche uno dei più terrorizzanti della mia vita. Mi vengono sempre i brividi quando ci penso (e anche quando penso o mi capita di rivedere un altro Cronenberg di quegli anni Ottanta, Inseparabili). Disturbante e perturbante lo è davvero il cinema del gran canadese, lo è letteralmente, nel senso che riesce a farti stare fisicamente e mentalmente male. Almeno, così capitò a me con questo film del 1983, che incrocia ossessioni tipicamente cronenberghiane, quello per la tecnologia e per il corpo (e il sesso). Con fusioni e contaminazioni e alterazioni di vario tipo che trasformano il corpo in macchina e le macchine in carne. Qui di ossessione se ne aggiunge un’altra, quella per il cinema e soprattutto per la tv, sentina di ogni vizio e orrendezza. Il proprietario di una televisione specializzata in porno sente parlare di un misterioso programma pirata chiamato Videodrome che trasmette snuff movies e altra robaccia, sicchè cerca di intercettarlo per eventualmente usarlo per i suoi canali. Sarà il primo passo nel delirio. Videodrome è una sorta di virus o creatura letale che contamina e si impossessa degli spettatori e di quanto sta loro intorno, bacandone il cervello e non solo quello. Roba per stomaci forti, meglio dirlo subito. Uno dei film pià riusciti tra i molti sulla tv veicolo di mostruosità e distruzione. Il protagonista è James Woods, allora abbonato a ruoli maledetti per via della faccia un po’ così. Apparizione cultistica di Debbie ‘Blondie’ Harry, bellissima e inquietante. Impossibile da dimenticare, da vera icona qual è.

Parnassus di Terry Gilliam, Cielo, ore 0,20.
Il penultimo film, e il più folle, del più incontinente che mai Terry Gilliam. Di speciale c’è che il povero Heath Ledger se ne andò (per sempre) mentre lo girava e che il suo ruolo è stato poi distribuito fra tre grandi nomi accorsi in aiuto di Gilliam, Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell. Una frantumazione-moltiplicazione del main character che è un ulteriore motivo per guardarsi (almeno una volta) questo Parnassus.


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